News Scientifiche - Luglio 2011


Archiviate le news scientifiche del mese di Luglio.


29 Luglio 2011
Antimateria: il peso finora più preciso
Fonte: Televideo Rai

"Una nuova tecnica laser al Cern di Ginevra ha permesso di misurare con estrema precisione la massa dell'antiprotone, la particella-specchio che vive nell'antimondo. Il risultato, pubblicato su Nature, è frutto dell'esperimento Asacusa,con ricercatori europei (tra cui italiani dell'Istituto nazionale di fisica nucleare) e giapponesi.
"Grazie a questa tecnica abbiamo confermato che l'antiprotone ha la stessa massa del protone, come previsto dall'attuale teoria. Lo abbiamo fatto però con una precisione estrema, possibile finora solo nello studio della materia", spiega il fisico Venturelli."


28 Luglio 2011
Scoperto il primo asteroide Troiano della Terra
Fonte: Blog Sidereus

"Si chiama 2010 TK7, ha un diametro di circa 300 metri e dista da noi soltanto 80 milioni di Km, un'inezia in termini astronomici.
Nonostante la sua breve distanza dal nostro pianeta tuttavia TK7 non costituisce un pericolo d'impatto per noi, infatti si tratta di un asteroide Troiano, una classe di corpi celesti che si trovano in punti orbitali stabili, detti punti di Lagrange (L4 ed L5). In questi particolari punti l'interazione gravitazionale congiunta del Sole e del pianeta costringono il terzo corpo (il troiano appunto) ad eseguire una complessa orbita, ma a distanza di sicurezza da noi.
Finora si sapeva dell'esistenza di Troiani di Giove, successivamente si è scoperta l'esistenza di Troiani anche di Nettuno e Marte e, addirittura, delle lune Teti e Dione di Saturno.
Benchè si ipotizzasse che anche la Terra ne avesse, non erano mai stati osservati prima, per via della loro estrema vicinanza angolare al Sole che, col suo bagliore, ne rende difficilissima l'individuazione.
Sono stati i dati raccolti dal Telescopio Spaziale WISE che hanno reso possibile l'individuazione di questo primo Troiano della Terra." - Commenta sul blog


26 Luglio 2011
Ritratto di Nettuno
Fonte: Oggi Scienza

"Il più lontano pianeta del Sistema solare comincia a rivelare alcune delle sue caratteristiche, in particolare sulla composizione dell'atmosfera e la durata esatta del giorno, pari a 15 ore 57 minuti e 59 secondi. Ma molto altro resta ancora da scoprire. NOTIZIE – La scorsa settimana Nettuno ha compiuto la sua prima orbita completa intorno al Sole da quando è stato scoperto nel 1846, dopo che la sua presenza era stata teorizzata in base alle perturbazioni gravitazionali sull'orbita di Urano.
Nettuno è un pianeta grande e abbastanza massiccio, con un diametro quattro volte quello della Terra e massa pari a 17 volte, e una gravità superficiale che è seconda solo a quella di Giove. È uno dei due giganti di ghiaccio del nostro Sistema solare, l'altro è Urano. Ed è uno dei meno conosciuti corpi del nostro sistema planetario.
Il fatto stesso che pur essendo così denso e massiccio sia così lontano, all'estrema periferia del Sistema, è tuttora inspiegabile con l'attuale modello di formazione planetaria: probabilmente, dicono gli scienziati, Nettuno si è formato più vicino al centro dove la nebula protoplanetaria era più densa, e poi è migrato verso l'esterno. Anche la lunghezza del suo giorno era finora rimasta incerta. Oggi, Erich Karkoschka, un astronomo dell'Università dell'Arizona, l'ha fissata a 15 ore 57 minuti e 59 secondi, con un differenza di 8 minuti e 1 secondo rispetto alla misurazione precedente, che era di 16 ore e 6 minuti.
Nettuno è avvolto in spesse nubi che rendono la superficie invisibile e non forniscono punti di riferimento per poter calcolare il periodo di rotazione, come invece si fa abbastanza facilmente per i pianeti rocciosi tipo Mercurio o Marte. Karkoschka, utilizzando più di 500 immagini di repertorio riprese dal telescopio spaziale Hubble nel corso di oltre vent'anni, ha scoperto che Nettuno ha due nubi particolari, la South Polar Feature e la South Polar Wave. Queste sono strettamente correlate con strutture del suolo, probabilmente dei punti caldi sulla superficie rocciosa, e non si spostano rispetto al terreno come invece fanno le altre strutture atmosferiche.
È stato quindi possibile determinare la lunghezza del periodo di rotazione con un'accuratezza di 0,18 secondi. Conoscere il periodo di rotazione è importante anche per definire le caratteristiche del pianeta, come è fatto internamente, come è distribuita la massa ecc. Inoltre, il fatto che ci siano delle manifestazioni nell'atmosfera così strettamente legate alle caratteristiche fisiche del terreno è già di per sé un fatto interessante, perché niente di simile è mai stato osservato altrove.
Scoprire come è fatto Nettuno aiuterà inoltre a comprendere la formazione di altri pianeti simili in altri sistemi solari che sono ancora più difficili da studiare "


22 Luglio 2011
Il vostro certificato è pronto da scaricare
Fonte: Blog Sidereus

"Ieri mattina, con l'atterraggio della Navetta Atlantis, si è conclusa la missione STS-135, che sancisce anche la definitiva chiusura dell'era degli Space Shuttle.
Chi di voi ha partecipato, almeno virtualmente, a quest'ultima missione inviando il proprio nome nello spazio? per tutti coloro che lo hanno fatto adesso è disponibile per il download il relativo certificato della NASA, firmato dal comandante di missione Chris Ferguson.
Per scaricarlo dotete recarvi al seguente link:

https://faceinspace.nasa.gov/certificate.aspx

selezionare la missione a cui avete partecipato (sono disponibili le ultime tre, dalla STS-133 alla 135) ed inserire, quando richiesto, il codice che vi è stato assegnato all'atto dell'adesione al programma. Buon download." - Commenta sul blog


11 Luglio 2011
Più materia che antimateria
Fonte: OggiScienza

"Nessuna teoria fisica attuale è in grado di spiegare perché nei primi istanti dopo il big bang si sia creata più materia che antimateria. L'antimateria è quella materia composta da antiparticelle. Ogni particella ha la sua antiparticella: per esempio, i protoni che stanno nel nucleo di tutti gli atomi, hanno come antiparticella gli antiprotoni, perfettemente uguali in tutto tranne che per la carica elettrica. I protoni hanno carica elettrica positiva e gli antiprotoni, hanno carica elettrica negativa. Materia e antimateria sono, dal punto di vista teorico, perfettamente simmetriche e secondo la teoria del modello standard, che spiega la composizione della materia a livello submicroscopico, sarebbero dovute essersi formate in proporzioni uguali all'inizio dell'Universo.
Di fatto, il nostro Universo è composto quasi completamente di materia, mentre le particelle di antimateria sono una rarità. È vero che nel modello è prevista la cosiddetta CP violation, cioè la violazione della simmetria della carica elettrica e di un altro parametro chiamato parità, ma questa spiegherebbe solo una piccola parte dell'asimmetria osservata.
Ora nell'esperimento Dzero condotto al Tevatron del Fermilab di Chicago, proprio alla vigilia della chiusura definitiva prevista per settembre, è stata registrata la violazione CP più grande mai osservata, in una collisione tra protoni e antiprotoni dalla quale sono emerse, fra le altre cose, delle particelle note con il nome di mesoni Bs. Queste hanno l'interessante caratteristica di potersi trasformare nella loro antiparticella e poi ritornate sé stesse. E così via.
Dopo la collisione, i mesoni Bs dell'esperimento si trasformano in altre particelle chiamate muoni. E i ricercatori hanno misurato una quantità molto superiore di muoni che di antimuoni, cosa che significherebbe che si è formata più materia che antimateria. Questo risultato conferma una precedente osservazione dello scorso anno che però aveva bisogno, come spesso capita in questo elusivo campo della fisica, di ulteriori conferme che oggi sono arrivate.
Ovviamente questo non spiega il perché l'Universo sia effettivamente fatto di materia ma potrebbe suggerire nuove vie per affrontare il problema, problema che è anche studiato a Ginevra, nel grande anello di particelle LHC.
L'articolo, molto tecnico firmato da centinaia di ricercatori, è disponibile sugli archivi della Cornell University. (OggiScienza)"


04 Luglio 2011
Buchi neri: ascoltati attraverso lo "stacking"
Fonte: NextMe.it

"Si chiama stacking ed è la tecnica usata dagli astronomi per rilevare i segnali provenienti dai buchi neri. Questo sistema è in grado di sommare i deboli segnali emessi da questi oggetti in modo da renderli rilevabili. Soprattutto se provenienti dall'interno di galassie. In particolare, i buchi neri che sono stati, per così dire, "ascoltati" si troverebbero a circa 13 miliardi di anni luce dalla Terra, ossia a meno di un miliardo di anni luce dalla nascita dell'universo, quel Big Bang stimato essersi verificato 13.7 miliardi di anni fa.
L'universo primordiale era popolato da numerosi e giganteschi buchi neri. Questi crescevano a ritmi molto rapidi all'interno delle galassie più giovani. Ecco il motivo per cui i buchi neri formatisi all'epoca ora sembra si nascondano al centro di galassie lontane, offuscati da dense nubi di gas e di polveri.
La ricerca è stata coordinata dall'Università delle Hawaii e si basa su immagini e dati inviati sulla Terra dal satellite a raggi X Chandra, della Nasa. Lo studio sarà pubblicato su Nature.
A detta degli esperti, questa tipologia di buchi neri sarebbero più comuni di quanto finora si era sostenuto. E sarebbero ospitati all'interno del 30 per cento e il 100 per cento di galassie distanti dalla Terra circa 13 miliardi di anni luce.
Spiega il coordinatore della ricerca, Ezequiel Treister, che "finora non avevamo idea di che cosa ci potessero fare buchi neri all'interno di galassie così antiche e non pensavamo nemmeno che esistessero".
"Questa scoperta ci dice che già 700-800 milioni di anni dopo il Big Bang esistevano i primi buchi neri e che questi erano giganteschi", aggiunge il cosmologo Priyamvada Natarajan, dell'Università di Yale.
Gli astronomi si sono concentrati sull'analisi di 250 galassie, scelte appositamente dal telescopio spaziale Hubble. Le osservazioni confermano il dato che i giganteschi buchi neri si evolvano praticamente in simbiosi con la galassia remota nella quale sono presenti. Come conclude Kevin Schawinski, coautore della ricerca e astronomo presso l'università di Yale, "la ricerca ci dimostra che vi è una relazione simbiotica tra i buchi neri e le loro galassie fin dall'alba dell'universo".
La rilevazione di queste emissioni, risultanti dall'osservazione di queste galassie selezionate, confermano che esse avvengono ad altissime energie e quando la materia collide con quella circostante il buco nero. La cosa sensazionale è che solo queste particelle riescono a penetrare la fitta coltre di polveri che ricoprono i buchi neri. Questa teoria spiega l'ipotesi secondo la quale si tratti di buchi neri giganteschi, ossia oggetti con una massa milioni di volte superiore alla dimensione del Sole.
Conclude Natarajan: "In ogni caso qualunque scenario ci si presenti è molto di più di quanto conoscevamo. Ed è molto emozionante". (NextMe.it)"


01 Luglio 2011
Vita aliena: si studia a distanza l'abitabilità di un pianeta
Fonte: NextMe.it

"Capire se può esserci vita su un pianeta, osservandolo a distanza. È la sfida dei ricercatori di un programma americano di esiobiologia, finanziato in parte dall'Istituto di Astrobiologia della Nasa. Con i computer, i ricercatori costruiscono delle simulazioni virtuali per determinare tutti gli indizi che possono indicare la possibile presenza di vita (o almeno di elevate condizioni di abitabilità).
Considerando i costituenti tipici delle diverse atmosfere planetarie, i ricercatori si sono concentrati sulle abbondanze dei composti organici che presentano zolfo, un fattore strettamente legato alla quantità di calore proveniente dalla stella attorno a cui orbita il pianeta, che a sua volta è un fattore primario che ne implica la possibile abitabilità. I test hanno mostrato che le diverse abbondanze di questi composti portano a delle variazioni dei livelli di etano e metano presenti nell'atmosfera.
Il risultato, recentemente pubblicato su Astrobiology, sarà di grande aiuto per chi dovrà studiare i pianeti e i satelliti dotati di un'atmosfera simile a quella della Terra primordiale, dove ancora non dominano gas come l'ossigeno e l'azoto, ma che hanno invece grandi concentrazioni di idrocarburi (come l'etano e il metano). Misurando i livelli dei due idrocarburi - operazione che si può effettuare anche a distanza, grazie ai modelli sviluppati dai ricercatori - sarà possibile calcolare il "livello di abitabilità" del corpo celeste, che non costituirà una "verità", ma andrà associata alle valutazioni basate su ulteriori indizi.
Il livello di abitabilità di un pianeta, tuttavia, sarà un importante elemento in più per individuare i pianeti con maggiore probabilità di ospitare la vita, e sui quali vale la pena continuare le ricerche. (NextMe.it) "



01 Luglio 2011
Archiviato il mese di Giugno.
autore: Webmaster

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